Sistema nervoso: se è direttamente il corpo a raccontare le storie

Lina Meruane

Velocità e quantità di cose da fare: la vita oggi è strangolata da queste due variabili. L’unico modo per avere tempo per sé è ammalarsi. La malattia può essere quindi legittimamente invocata. Poi succede che arriva, ma non è liberatoria neanche quella. Perché la malattia è anche essa legame, legaccio, è annodata al corpo, e il nostro corpo siamo noi, e  noi non siamo indipendenti ma dipendenti dagli altri, sia nel presente che nel passato. Ecco che corpo e tempo sono gli ingredienti chiave con i quali tutti i giorni cerchiamo di equilibrare la nostra vita, lavorando su distanza vicinanza. Lo facciamo sin da quando nasciamo: veniamo al mondo e raccogliamo le eredità che ci consegnano le nostre famiglie. Eredità psicologiche e fisiche. Poi cerchiamo di liberarcene. Poi cerchiamo di tornare.

E’ di questo, ma anche di molto altro, con un lingua che sembra uscire dal corpo senza nessuna mediazione, e con un impianto narrativo che spazia tra lo storico e il fantascientifico, che parla “Sistema nervoso”, il nuovo libro della scrittrice cilena Lina Meruane, pubblicato in Italia da La Nuova Frontiera.

La protagonista del libro è un’astrofisica che, appunto, invoca una malattia per poter avere del tempo per concludere la sua tesi di dottorato dedicata ai buchi neri. Il racconto è ambientato in un paese chiamato il paese del presente, ma con continui riferimenti anche al paese del passato, dove abitano alcuni suoi famigliari, tra cui suo padre e la sua matrigna.

L’invocazione ha trovato ascolto da qualche parte (forse dalla madre naturale che è morta?) e la malattia arriva: un braccio non funziona più, la gamba si fa insensibile, ma poi, il male sembra prendere il sopravvento e non è più liberazione ma l’inizio di un’odissea spazio temporale. Perché quella malattia fa saltare fuori la costellazione dei legami con gli altri famigliari, sia del paese presente che di quello passato: il compagno della protagonista, un etnologo, il padre medico, i fratelli, la matrigna, ognuno con la sua storia clinica, legati a ragnatela, perché i legami sembrano indissolubili, il corpo è più forte della psicologia del ribelle che taglia i ponti.

Quindi l’eredità del corpo è la base dei legami personali, e anche la base della trama delle nostre storie.

Il  corpo di cui parla Meruane nel suo nuovo libro è anche corpo sociale, non solo individuale e famigliare, il tempo in cui è ambientato il romanzo è quello post dittatura e  il sistema è quello astronomico con stelle e pianeti.

Come si fa a pensarsi ancora “individui variabile indipendente” in questo sistema? Solo mentendo a se stessi?

Il corpo, la sua corruttibilità, ha da sempre un posto centrale nella poetica dell’autrice cilena (nel suo libro Sangue negli occhi, pubblicato in Italia sempre da La nuova Frontiera, la protagonista ha un’emorragia agli occhi la rende cieca), che ha all’attivo raccolte di racconti, diversi saggi e diversi romanzi. Meruane è figlia di medici e quel linguaggio per lei è un innesto primordiale, forse un modo di interpretare la realtà.

Ma questo linguaggio non riguarda tutta la letteratura? Far parlare il corpo significa parlare di malattia o anche il corpo sano ha storie da raccontare? E qui bisogna fare una scelta, prendere una decisione: che storia raccontare. In genere la letteratura, in un modo o nell’altro, parla di dolore, della carne, si dice. Quindi la decisione da prendere è se considerare il dolore, la malattia, come la normalità e non più evento eccezionale. Anche il sistema è malato, il pianeta si è ammalato. E la libertà, allora? Potrebbe essere nel gesto di riuscire guardare tutto questo, non negarlo, accettarlo consapevolmente: “il sogno della purezza non è che un incubo”…”il contagio è la salute”:..”l’immunità è la morte”.

Questo articolo è stato pubblicato a firma di Valeria Cecilia su: agrifoglio.ilfoglio.it

 

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