
Il censimento dei lampioni, di Carmelo Vetrano
Il censimento dei lampioni, romanzo di esordio di Carmelo Vetrano, è stato pubblicato a marzo 2022 da Laurana Editore nella collana Fremen.
E’ scandito da capitoli brevi, intitolati col numero e la tipologia di lampione che di volta in volta il protagonista Sebastiano censisce assieme al padre Bruno.
Sono stati assunti entrambi per lavorare tre mesi alle dipendenze di Ronzino, titolare dalla ditta di impiantistica elettrica Electric Sole. A bordo di un camion dotato di un cestello meccanico, hanno il compito di verificare le condizioni dei lampioni in vari comuni del Salento e di compilare schede tecniche per futuri interventi di manutenzione.
Il tempo che Sebastiano trascorre con suo padre, dopo anni di lontananza emotiva e geografica, diventa l’occasione per riflettere sul loro rapporto complicato, sugli anni felici con Magda da cui sta divorziando, sulla sua infanzia affollata di domande senza risposta.
La lingua di Vetrano è fortemente evocativa, mescola i piani temporali e con l’esattezza degli aggettivi e l’essenzialità delle immagini, accompagna il lettore nella vita malinconica di Sebastiano.
Il cestello meccanico su cui sale ogni mattina, e che suo padre manovra dal basso spingendo un bottone elevatore, diventa l’osservatorio tanto precario quanto privilegiato da cui ripensa alla sua vita. Sebastiano è schivo, più che parlare osserva, ricorda, maneggia con cautela il proprio passato. Sa che i ricordi rappresentano il viatico delle emozioni più violente a cui, probabilmente, uno come lui si sentirà sempre impreparato (Mi ero seduto meglio sul letto e l’avevo guardata in attesa del dolore).
I lampioni assumono una funzione metaforica, non sono diversi dagli esseri umani, risentono del tempo, delle scalfitture, degli sbreghi (Sono come le persone: ogni figura umana è sola dopotutto, e si accende, si spegne, ogni tanto la lampadina si fulmina, qualche volta nessuno la sostituisce)
Inadatto alla vita come molti protagonisti della letteratura classica, il timido Sebastiano- che da piccolo non trovava altro modo di sfogarsi che giocare a tennis contro un muro condominiale- compila le sue schede tecniche in modo personale, come trovasse riscontro e conforto alle proprie ferite in quelle dei pali della luce.
(lampione nudo e indifeso…più che vecchio sembra sopravvissuto a tre generazioni di lampioni…plafoniera e faro, come una coppia che condivide l’eternità per caso)
Incuriosita da quelle schede così liriche, la giovane Lisa, studentessa dell’Accademia d’Arte, gli chiede di utilizzarle per creare mappe concettuali sui sentimenti legati al passare del tempo.
All’interno del romanzo altre figure femminili ruotano attorno alla vita di Sebastiano. La madre Giovanna, la sorella Elisabetta e Magda, che fatica a sbiadire dalla memoria. L’autore le descrive con grazia, ne tratteggia le movenze, le increspature dei lineamenti e le recenti insofferenze. Sono figure guida, per qualche verso lo aiutano a riordinare i pezzi sparsi della sua vita.
Giovanna, mite custode dei i segreti familiari, accetta una solitudine che non si rimarginerà mai e gli suggerisce una chiave di lettura del passato che possa aiutarlo a comprenderlo (Tuo padre ha fatto bene a chiudere. Vi ha salvato la vita, anche se si è rovinato la sua)
Magda, in particolare, occupa un ruolo determinante.
L’autore descrive con delicatezza l’attrazione iniziale di Sebastiano per lei, una sorta di prodigio che si rinnovava ad ogni incontro (aveva riso una volta, il primo giorno che ci eravamo conosciuti, e io avevo cominciato a desiderare di rivedere la sua bocca che si allargava anche quando non era con me)
Come un magnete, Magda lo ha richiamato a se stesso, dandogli forma compiuta come mai prima di allora (…io avevo un’idea di me dai contorni sfilacciati e impalpabili che prendeva e perdeva forza a fasi alterne. La presenza di Magda la stabilizzava).
Un posto importante è occupato nella narrazione dalla provincia pugliese che viene descritta, anch’essa, in modo poetico ed essenziale. I paesini del Salento con le case squadrate, bianche e colorate, il mare che consola, le anziane sedute per strada come guardiane ostili, sono i simboli di una condizione esistenziale. Sebastiano se li porta dentro, nei connotati, nei gesti, come chiunque nasca in un posto e finisca inevitabilmente per somigliarvi anche quando prova ad andare via
(Mi ricordava mio padre, mi convincevo che appartenevano alla stessa specie, quella specie di persone che rappresentano il posto in cui vivono; ogni loro gesto, ogni movimento del corpo e, soprattutto, ogni sfumatura del loro accento sembravano dire: io sono quel territorio).
La natura per qualche verso invischiante delle radici, di quelle geografiche ma soprattutto di quelle familiari, trova espressione nel rapporto controverso di Sebastiano col padre Bruno. Il vuoto che ha lasciato nella sua vita sembra essersi imposto più di quanto avrebbe fatto la sua presenza (Che mio padre se ne fosse andato di sua volontà e si facesse vedere molto poco, non aveva molta importanza, erano solo dettagli che non modificavano il mio stato di famiglia interiore)
C’è qualcosa di ineluttabile nell’appartenenza a una famiglia e a un luogo, sembra dirci Vetrano, e Sebastiano ne prende coscienza ogni giorno, in un processo al contempo doloroso e pacificatorio.
E’ Magda che per prima gli fa notare quanto somigli a Bruno nelle reazioni e nel carattere ma, anni dopo, è lo stesso protagonista a fare i conti con la dolorosa evidenza di essere diventato come lui (In seguito avrei capito che se non ce l’avevo fatta era stato per la paura di sentirmi dire che avevo abbandonato sia lei sia mia madre. Che ero, insomma, come mio padre)
Nella parte finale del romanzo, al termine del lavoro di censimento dei lampioni e della parabola interiore che Sebastiano compie rimuginando in solitudine, un’inattesa tenerezza nei confronti di suo padre sembra farsi strada.
Si lascia andare a una risata, lui che a Bruno non ha mai concesso neppure un’amnistia, quando lo blocca sul cestello elevatore (Cominciò a scendere. Mi avvicinai ai comandi e schiacciai il grosso pulsante rosso. Il cestello si bloccò e mio padre imprecò. Stavolta ridevo)
E’ la prima volta che a lavoro i due si scambiano i ruoli, il padre sale per valutare le condizioni dei lampioni e suo figlio resta nel camion in doppia fila.
Forse non è un caso questa inversione; è un’immagine che contiene un valore simbolico e il senso ultimo dello scandaglio emotivo di Sebastiano, il momento in cui suo padre gli appare per la prima volta diverso, invecchiato e fragile.
A essere cambiato, però, forse è solo il suo sguardo su di lui.