Elogio dell’ospitalità

Priya Basil

Priya Basil

Nel libro Elogio dell’ospitalità, pubblicato da il Saggiatore, Priya Basil, scrittrice di origini indiane, cresciuta in Kenya e che vive tra Londra e Berlino, parla del mondo attraverso il cibo, perché il cibo è un ingrediente centrale delle relazioni umane, e le relazioni umane sono tutto quello che ci fa muovere, soffrire, dannare, desiderare.

La narrazione contiene molti sguardi: quello personale (il cibo dell’infanzia preparato dalla mamma, le abbuffate incontrollate, l’educazione ai rituali della tavola, i ricordi dei nonni), quello storico (dei miti antichi e delle tradizioni religiose), e quello sul mondo attuale, dove il cibo gioca un ruolo unico nel creare punti di contatto tra popoli diversi, migranti e residenti (come nei pranzi organizzati dalle associazioni berlinesi per far integrare i nuovi rifugiati o migranti con i residenti ). Il racconto del rapporto personale con il cibo passa per il desiderio: enorme, ingombrante, con attacchi febbrili, colpi di fulmini alimentari e overdose a seguire. Oppure diventa riflessione: il cibo è accoglienza, condivisione. Ma nella storia è stato forma di potere, forma di celebrazione, ed è anche l’essenza dell’ospitalità che permette di incontrare e amare l’indesiderato: in fondo è come l’amore romantico. Ma sappiamo spingerci ai confini dell’incondizionato? O apriamo la porta sempre e solo alla nostra stretta cerchia di persone? Forse per questo l’Unione Europea viene definita dall’autrice come l’ambizioso progetto di unire le diversità e allo stesso tempo un modello ancora carente, legato a un’ospitalità selettiva e condizionata. Be my guest, significa fa come se fossi a casa tua, ma raramente trattiamo qualcuno in questo modo, di fatto oggi si parla più di Industry hospitality, ospitalità sì, ma per chi paga.
Riflettendo sulla questione ancora tutta critica dell’ospitalità nel mondo, sulle politiche dell’accoglienza tedesche e inglesi, sul futuro dell’agricoltura, la sfida della fame e il legame tra questioni migratorie e quelle climatiche, il riferimento al rapporto personale con il cibo è costante: il cibo è un’esperienza sentimentale da cui attingere. Non solo come rifugio intimo nel ventre materno, ma la cucina ad esempio aiuta la scrittura, perché la scrittura, scrive Priya Basil, “si incammina sull’incertezza, è una creazione lenta e impalpabile, mentre la cucina è una creazione rapida e commestibile”, e ancora, quando siamo in mezzo a un gruppo di persone che non conosciamo, il cibo può essere “una forma indolore di esposizione gli uni alti altri”.

Questo articolo è stato pubblicata a firma di Valeria Cecilia su agrifoglio.ilfoglio.it.

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