Nascondersi, di Jaime Fountaine

Nascondersi di Jaime Fountaine (vive a Filadelfia, di sé dice solo di essere cresciuta “dai lupi”), pubblicato in Italia da Pidgin Edizioni nel 2021, e tradotto da Stefano Pirone, è un tuffo in un’adolescenza vivissima, un romanzo breve che ritaglia alla perfezione quella fase della vita in cui si entra nelle esperienze del mondo per la prima volta con autonomia, di pensiero e fisica, e si iniziano a prendere in modo maldestro le misure, di sé, degli altri, e a decidere, per tentativi, il grado di contatto e di distacco che siamo in grado di accettare, per non sentirci troppo soli ma neanche troppo sottomessi.

A farci rivivere questa fondamentale fase della vita è lo sguardo di un’adolescente che racconta in prima persona la faticosa e a volte spaventosa costruzione della propria identità senza avere un libretto delle istruzioni a disposizione, quel “lavoro di una vita” che prende il via quando si inizia rincasare da soli, a piedi, anche quando è buio, a rimanere in casa senza genitori fino a tardi, o anche tutta una notte; quando il corpo cambia ed è lo  sguardo degli altri a farcelo notare, quasi sempre in modo traumatico; quando un maniaco gira per il quartiere; quando non si hanno abbastanza soldi; quando i ragazzini sono ossessionati dal tuo seno; quando in tutto questo non si può chiedere aiuto ai genitori.

È così per tutti, d’altronde: il libretto delle istruzioni non ce lo dà nessuno, ma ci sono adolescenti lasciati più soli di altri, che si ritrovano a fare, loro, gli adulti con i propri care giver o con i propri amici e amiche purtroppo rimasti infantili.

Questo oscillare tra il desiderio dell’altro e la paura, il tentativo di trovare una propria misura, trovano una radice nel modello materno della protagonista e un’espansione nelle storie di altre donne: le madri delle sue amiche e le sue amiche, nelle quali la ragazza vede (e non accetta), sempre la stessa cosa: il terrore di non piacere, di rimanere sole; la tendenza ad adeguarsi, a fingere, pur di avere un uomo, di conquistarlo, di tenerselo:

Non ho detto che lo vorrei. Ho detto che glielo farei fare” dice una sua amica quando parla di cosa vorrebbe fargli un ipotetico fidanzato.

E a proposito della madre:

Lei è il tipo di persona che si adatta a una cosa rotta invece di trovare il modo di aggiustarla”.

E sulla madre di una sua amica:

Sta cercando di convincere sé stessa più che me, facendo la stessa cosa che fa mia madre: mettersi tutta in ghingheri per andare a mangiare (…) con le sue amiche perché ce l’ha con un uomo”.

La madre, che appare continuamente nelle riflessioni della protagonista, passa da un uomo all’altro e si dimentica della figlia, dell’igiene della casa, della spesa, ma appena viene mollata si infila nel letto della figlia chiedendo conforto. Così la figlia dice: Quando sarò più grande andrò a vivere da sola.  (…) Solo io. Non avrò bisogno di nessuno”.

Ma neanche la protagonista è immune dal bisogno di non rimanere sola, di avere le amiche per l’estate e un ragazzo. E la sua consapevolezza le fa vivere tutto questo in uno stato di lucida indifferenza: “Assecondare ogni cosa è noioso, ma è l’unico modo di mantenere delle amicizie”.

E a proposito di Jason, il ragazzo con cui si vede di nascosto:

Ci annoiamo tanto che gli permetto di tirarmi giù la maglietta e il reggiseno, ma non abbastanza da permettergli di togliermeli” E poi: “Ma Jason non ha nulla che io voglia. Lo lascio finire, per gentilezza.

Il protagonista che incombe ineluttabile in ogni pagina del libro, in ogni scena, in ogni pensiero, è solo uno: il corpo. Tutto si muove intorno al suo ingombro, alla gestione degli sguardi giudicanti dell’altro, dei desideri dell’altro. Il corpo che cambia nell’adolescenza diventa carne del conflitto per il cambio dello sguardo esterno, non per altro:

Ora il corpo non è mio. Appartiene a tutti gli altri, e a nessuno piace così come è” e “L’unica cosa peggiore di essere nel mio corpo è il modo in cui mia madre lo guarda, mezza invidiosa, mezza terrorizzata”.

E il corpo è indissolubilmente legato al sesso, al decidere cosa fare e cosa non fare. D’altronde il reparto di intimo del centro commerciale è diviso solo in due zone: sexy e nonna.

Cosa fare? Nascondersi o farsi trovare? I ragazzi, i maschi, sembrano costruire questa misura più facilmente: giocano, fanno simulazioni, (“i ragazzi sono ridicoli”). E dicono, a proposito della loro pista per le biciclette:

Non distraeteci, abbiamo appena alzato la rampa di quarantacinque centimetri”.

E lei, appunto, risponde: “Quand’è che hai cominciato a prendere le misure?”.

Ragazzi e ragazze giocano insieme, a nascondino, ma è una caccia all’uomo come dice il titolo originale del libro.

Questo articolo è stato pubblicato a firma di Valeria Cecilia su: agrifoglio.ilfoglio.it