
Sul diritto di sognare un altro posto dove andare, anche se non esiste

Uno su infinito di Cristò (Terra Rossa Edizioni) racconta la storia del successo planetario di un programma televisivo costruito intorno a una lotteria a cui è impossibile vincere (perché si devono indovinare numeri compresi tra zero e infinito), e che si basa su regole di estrazione non trasparenti. Nonostante questo, la trasmissione, che viene inizialmente lanciata in una piccola rete locale italiana, viene replicata con successo in tutto il mondo. Di fatto non si può vincere ma tutti giocano. Perché?
E’ un caso di follia lucida collettiva, è una storia non verosimile, non credibile (raccontata in un amabilissimo e puntuale stile realista), ma se in questo racconto tutto ruota intorno alla lotteria, non è la lotteria la cosa importante, la cosa importante è come si comportano gli umani, come diventano tutti uguali di fronte all’illusione di veder realizzati i propri sogni, come tutti provano lo stesso unico desiderio: andare in un altro posto. E anche se si è consapevoli dell’assurdità del sogno, del gioco in questo caso, si continua a giocare, a desiderare, perché il desiderio crea già quel posto altro da qui, è già un assaggio rubato del nuovo mondo, e poco importa se questo non sarà mai raggiungibile, se non esiste, la cosa più bella è distrarsi dalla propria realtà e avere una scusa per guardare lì dentro e pensare “beh può ancora succedere di tutto”, perché chi l’ha detto che l’impossibile è davvero impossibile? Magari l’uomo fino adesso si è sbagliato. E per far questo salto, tutti pensano che serva una cosa sola, i soldi, e qui il realismo si fa crudo: “una quantità di soldi da sentirsi padroni del mondo”…“ i soldi smuovono le montagne. Lo sanno tutti”.
Il libro si basa su un racconto corale che è anche orale, a raccontare la storia infatti sono tante voci che narrano i vari punti di vista (alcuni giocatori, gli autori del programma, giornalisti, conduttori) con lo stile della confessione più che della testimonianza.
Ma in questo racconto scorre lenta, delicata e tagliente un’altra storia, quella tracciata dai ricordi dell’ideatore del gioco, Bruno Marinetti, con suo padre e tutta la sua famiglia. Il padre di Marinetti era un sindacalista, e i tanti ricordi di Marinetti, belli e brutti, sono tutti legati all’immagine del padre che parla in piazza e le folle che lo applaudono, finché l’uomo si ammala, entra in ospedale e dopo due anni muore, lì, nella sua stanza, da solo, e questo per il figlio rimane imperdonabile. E poi c’è il resto della famiglia, una madre distratta e la sorella di Bruno, che da quando è nata non parla.
E cosa c’entra questa storia intima, raccontata come una confessione anche questa, con la lotteria impossibile a cui tutti giocano, e di cui solo l’ideatore conosceva la regola dell’estrazione dei numeri? E poi cos’è che sta realmente offrendo al mondo Marinetti con questo gioco? Qual è il suo progetto? Anche Marinetti ha il suo sogno, e se il libro fino all’ultimo sembra poter prendere diverse strade, il finale mette in ordine tutti i vari pezzi, risponde alle domande, anche se i desideri delle varie voci non combaceranno. Ma non è la logica né la verosimiglianza quella che va cercata in questa storia, perché il racconto di Cristò (in precedenza già pubblicato da altri due altri editori) fa centro in uno dei punti più forti della letteratura, che è riuscire a dare la voce e quindi dignità ai sentimenti umani, anche quelli più assurdi.
Questo articolo è stato pubblicata a firma di Valeria Cecilia su agrifoglio.ilfoglio.it.
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