The End, di Anders Nilsen
Anders Nilsen (New Hampshire, 1973) è il graphic novelist considerato tra gli autori più influenti della sua generazione. Con i suoi fumetti, tra il letterario e il poetico, mette in scena temi complessi legati alle relazioni umane, e lo fa con un linguaggio diretto, concreto, privo di metafore, ma senza mai rinunciare all’immaginazione, indispensabile per lui per illustrare la realtà dei sentimenti.
The End, a detta di molti il suo capolavoro, racconta l’elaborazione del lutto di Nilsen per la morte della compagna, e, come altri libri dell’autore, è stato realizzato lentamente, in modo discontinuo nel corso di diversi anni. Ora add editore pubblica in Italia la sua terza versione (traduzione di Francesco Pacifico). In The End l’esperienza della perdita è raccontata come fatto pieno di contraddizioni e sentimenti altalenanti, quali lo schiacciante senso di vuoto e caduta, la conseguente disperazione, ma anche il paradossale attaccamento a quella stessa disperazione (“Se non posso avere te voglio almeno il mio dolore”). A tormentare sono le domande che continuano a girare nella mente di chi è rimasto, vivo, dentro la stessa casa, da solo. Ma come si fa a risolvere questo malloppo, o almeno sistemarlo, placarlo, per poi andare avanti? L’oggetto d’amore sparito dovrebbe ritornare, almeno per un po’, per darci modo di dire le cose rimaste non dette, esprimere il dolore e la rabbia per essere stati abbandonati. Ma questo non è possibile, e allora Nielsen lo ha fatto con il suo libro. Lei riappare: “Ok, eccomi qua. Cosa vuoi? (…) Hai avuto un sacco di tempo (…), devi superare tutta questa cosa, e smetterla di imporla agli altri (…), perché mi continui a chiamare? (…), cosa è che vuoi da me?”. Molto duro, ma poi arrivano anche i pianti disperati e i ricordi divertenti, le risate, e le pagine si fanno struggenti. Ma The End non è romantico, non è Ghost, sicuramente è intelligente. Lui: “Vorresti tipo che la piantassi di fare tutti questi disegni sulla tua morte?”, lei: “Non sono disegni sulla mia morte, ma su di te”. Lui si dà le risposte di cui ha bisogno, e lei gli dice: “…Non volevo morire, (…) è questo quello che stavi cercando”? Lui: “Più o meno sì. Quindi puoi restare?”, lei: “Non sono qui, zero, sei tu che te ne devi andare”. Nel libro il tema della morte va oltre la vicenda personale, c’è il fattore tempo che determina il destino di tutte le cose: prima o poi perderemo le nostre stanze di quando eravamo ragazzi, le case di famiglia, i campi verdi. Il mondo si stratifica, c’è la tecnologia, e tutto finisce e tutto ricomincia. E la stratificazione del tempo è presente nell’opera anche dal punto di vista formale. I disegni non hanno tutti lo stesso stile, è un patchwork, e come scrive Nilsen nella post fazione: “Ogni libro ha due storie. Da una parte c’è la storia che racconta e dall’altra c’è la storia di come è nato. Le due si illuminano e sostengono l’un l’altra”.
Articolo pubblicato a firma di Valeria Cecilia su Il Foglio, in terza pagina, nel mese di ottobre 2023