Treccani cambia il vocabolario: ora le parole sono anche al femminile
Cambia il pensiero, cambiano le relazioni, cambia la lingua. Ora la partita in gioco è quella della parità di genere, del rispetto delle diversità, quindi dell’inclusività. Piccola mappa per orientarsi.
Tutti i giornali ieri, 12 settembre, riportavano la notizia che la nuova edizione del vocabolario Treccani, che verrà pubblicata ad ottobre, conterrà una rivoluzione: sostantivi e aggettivi saranno indicati sia al femminile che al maschile.
Come scrive il post qui:
“nei dizionari italiani pubblicati fino a oggi, la maggior parte dei femminili (alta, bassa, bella, buona, gatta, fioraia, amica, etc) o non compaiono come voci, oppure compaiono ma con il riferimento al termine maschile (per esempio: “alta, femminile singolare di alto”). Treccani ha dato a femminili e maschili la stessa importanza indicandoli entrambi in un’unica voce (o in due voci separate, in alcuni casi specifici) e disponendoli in ordine alfabetico: “amica, amico” oppure “direttore, direttrice”.
È quindi davvero una prima volta. Ovviamente i vocabolari negli anni si sono sempre rinnovati e allineati con i cambiamenti della lingua parlata (che è di per sé dinamica, in quanto legata al pensiero, ai valori, alle esperienze della società), ad esempio attraverso la sezione neologismi.
In questo caso si è voluta tracciare una svolta culturale definitiva, legata al tema da tempo molto dibattuto della inclusività, del rispetto della diversità e della parità di genere.
Si tratta di una questione sostanziale, non solo formale, legata ai diritti: l’indicazione del femminile insieme al maschile nel vocabolario vuole riparare a un vizio originario, legato al fatto che i vocabolari sono stati elaborati sempre da uomini.
“Per la prima volta – si legge nella nota di Treccani qui – vedremo registrati dei nomi identificativi di professioni che, per tradizione androcentrica, finora non avevano un’autonomia lessicale: notaia, chirurga, medica, soldata. Per eliminare anche gli stereotipi di genere – secondo i quali a cucinare o a stirare è immancabilmente la donna, mentre a dirigere un ufficio o a leggere un quotidiano è puntualmente l’uomo – Treccani propone nuovi esempi di utilizzo e contestualizzazione ed evidenzia il carattere offensivo di tutte le parole e di tutti i modi di dire che possono essere lesivi della dignità di ogni persona”.
Il tema non è in realtà tutto qui, non è semplice e per niente pacifico. Il dibattito sulla parità di genere, della lotta al patriarcato, responsabile di soprusi, ingiustizie e discriminazioni reiterati nei confronti del genere femminile è un tema storico delle battaglie del femminismo, che è salito di nuovo alla ribalta con il #metoo, quel movimento che si è sviluppato in rete a partire dall’ottobre 2017 per denunciare la diffusione di violenza sessuale e molestie subite dalle donn. soprattutto sul posto di lavoro https://www.treccani.it/enciclopedia/metoo
Da qui il dibattito si è diffuso e allargato al più ampio tema dell’inclusività e del rispetto della diversità, fino ad approdare un nuovo punto di vista per definire i generi, che introduce nuove categorie non prive di complessità: il genere non è la stessa cosa del sesso e non è la stessa cosa dell’orientamento sessuale. Questo dibattito ha ricadute su tutti gli ambiti della nostra vita: culturale, linguistica, sociale, politico, individuale.
La lingua sembra essere uno dei terreni più dibattuti, l’arena dove lo scontro è più acceso. La lingua è la materia dove si stanno tentando importanti operazioni chirurgiche. Pensiamo all’introduzione degli asterischi alla fine di un termine per levare la definizione di genere (amic*) che di per sé può dare luogo a discriminazioni, fino all’introduzione della schwa, una desinenza finale neutra che si usa al posto dei plurali maschili universali per rendere la lingua neutra.
Quindi ci si chiede: ma la lingua non è solo il sintomo? Non è solo il fenomeno a valle dell’impostazione culturale? Che importanza ha cambiare la lingua se il problema non è di forma?
In molti sostengono che sia così, altri invece sostengono che cambiando la forma cambi anche il pensiero. Alcuni assumono posizioni più radicali, in nome di un progressismo assoluto, e quindi vediamo anche nascere manuali sul genere pensati già per i più piccoli, dove viene indicato che è sbagliato affermare che le mestruazioni le hanno solo le femmine. Oppure abbiamo assistito a grandi proclami da parte di centri di eccellenza della cultura, come le università americane, che hanno tolto la cattedra a professori illustri perché improvvisamente tacciati di essere discriminatori, o razzisti, o sessisti. Si è approdati a quella che viene chiamata la cancel culture, che ha iniziato anche a far sentire la usa longa manus a ritroso, sulla cultura del passato, con casi di censura di opere storiche, tra film, libri, dove erano rappresentati modelli maschili e femminili non rispettosi della parità di genere.
Il dibattito è aperto e continua ad essere complesso. Ancora una volta prendere una posizione non è facile. Chiudiamo quindi con una piccola bibliografia per cercare di orientarci nel cambiamento.
- Il Post- Cose Spiegate bene: Questioni di un certo genere, edizioni Iperborea
- Vera Gheno, Femminili singolari, edizione effequ
- Luca Boschetto, Italiano Inclusivo – https://italianoinclusivo.it/
- Andrea De Benedetti, Così non schwa, Einaudi edizioni Vele
- Bell hooks, La volontà di cambiare, il Saggiatore
- Emma Cline, Daddy, Einaudi stile libero big
- Guia Soncini, L’era della suscettibilità, Marsilio
- Bret Easton Ellis, Bianco, Einaudi
Articolo pubblicato su helconsumatori.it a firma di Valeria Cecilia il 14 settembre 2022